«Laggiù soffia! Laggiù soffia! La gobba come un mucchio di neve! È Moby Dick!»
Moby Dick è un viaggio lungo più di cinquecento pagine attraverso gli oceani, alla ricerca di una balena bianca che rappresenta l’incarnazione del Male. È un viaggio a bordo del Pequod, che solca le profondità marine, sotto la guida del suo capitano, Achab, un uomo «senza religione, simile a un dio». È un viaggio mosso dalla monomania di un capitano che desidera vendicarsi della balena bianca che lo ha privato di una gamba diventando la sua nemesi.
Nel corso di questo viaggio, il lettore deve però essere paziente, perché l’odio di Achab verso la balena bianca nasconde in realtà un desiderio di conoscenza. E così il racconto avventuroso della vita sulla baleniera, tra ramponi e lance, è arricchito da ampie digressioni enciclopediche – celebre è il capitolo “Cetologia” – consentono di studiare tutte le peculiarità di quel «pesce sfiatante, con una lunga coda orizzontale».
Moby Dick è un’opera completa, un romanzo in cui alcuni capitoli diventano una rappresentazione teatrale, un saggio sulla Balena che sfocia in un racconto epico; è un testo che sa attingere alla cultura classica e offrire riferimenti che spaziano antica Grecia alle Sacre Scritture, senza rinunciare a riflessioni filosofiche più moderne.
Come ricorda Pavese nella prefazione all’edizione Adelphi datata 1941, Melville lasciò indefinito il senso dell’allegoria alla base della sua opera e permise così a “Moby Dick” di diventare un classico senza tempo, un testo in grado di «simboleggiare il maggior numero di esperienze umane».