La traduzione corretta dal russo del titolo del romanzo pubblicato a puntate da Dostoevskij a partire dal gennaio 1866 è “Il delitto e la pena”, un chiaro riferimento all’opera “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria (1764). In italiano l’opera circola sotto il nome di “Delitto e castigo”, traduzione che risale all’edizione francese Le crime et le châtiment”. Il titolo originale, come spiega Dostoevskij in una delle sue lettere, vuole però alludere proprio al concetto di pena giuridica, e non di castigo, che «spaventa il criminale molto meno di quanto pensino i legislatori, in parte perché anche lui stesso, moralmente, la richiede».

Un uomo nuovo schiacciato dalla sua morale

Raskol’nikov è un giovane studente, presumibilmente di estrazione borghese, che è stato allontanato dall’università e trascorre le sue giornate nella povertà di un sudicio e asfissiante tugurio per il quale non è nemmeno più in grado di pagare l’affitto. Raskol’nikov è un “uomo del sottosuolo” – forti sono i legami con la precedente opere di Dostoevskij “Memorie del sottosuolo” –, un nichilista che vuole dimostrare a sé stesso e agli altri di essere un uomo nuovo, capace di seguire le propria morale e non quella imposta dalla società.

Per questo motivo si decide a uccidere una vecchia usuraia e a rubare il denaro e i ricchi pegni che conservava nella sua casa, ma non è in grado di sfruttare le nuove ricchezze di cui è entrato in possesso. Infatti, appena compiuto questo gesto, la convinzione nelle proprie idee viene meno e Raskol’nikov cade in una sorta di delirio psicotico che lo porta a vagabondare tra le vie di Pietroburgo nel tentativo di liberarsi dal peso della consapevolezza di quanto compiuto.

 

Dostoevskij e il suo tempo

“Delitto e castigo” è un romanzo sociale di colpa ed espiazione, ambientato in un’afosa e opprimente Pietroburgo colpita dalla crisi monetaria degli anni Sessanta dell’Ottocento. L’opera segue la storia di un personaggio principale, Raskol’nikov, dall’inizio alla fine, dal progetto di compiere l’omicidio fino alla condanna attraverso un processo che tocca più la sfera morale e psicologica che quella giudiziaria. Attorno a lui ruotano numerosi personaggi secondari, dall’alcolizzato padre di famiglia Marmelàdov a Sònja costretta a prostituirsi per mantenere la famiglia, dalla nobile decaduta Katerína Ivànova al ricco arrivista Lužin, dal giudice istruttore Porfirij Petrovič al nobile d’animo Razumichin.

In questa sorta di comédie humaine russa, Dostoevskij riesce così a raggiungere il suo dichiarato obiettivo di «scavare a fondo, in questo romanzo, tutti i problemi» sia quelli universali della mente umana, sia i problemi sociali ed economici della Russia del suo tempo.

 

Opera letta nell’edizione Einaudi tradotta da Emanuela Guercetti e arricchita dalla prefazione di Natalia Ginzburg e dal saggio introduttivo di Leonid Grossman.

Autore

francescacocchi@hotmail.it

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