Ne “La prigione”, uno dei romans durs di Simenon, la trama poliziesca e le indagini su un efferato omicidio si intrecciano all’analisi psicologica del protagonista, Alain Poitaud, un uomo che pur avendo tutto non è in grado di colmare il vuoto che prova dentro di sé.
Simenon scrisse quest’opera nel 1967 a Epalinges, in Svizzera, e il romanzo fu pubblicato l’anno successivo da Les presses de la cité; la prima edizione italiana de “La prigione”, edita da Mondadori nel 1969 con la traduzione di Elena Cantini, risulta di difficile reperibilità.
La trama: “La prigione” romanzo poliziesco e psicologico
Alain Poitaud, direttore di “Toi”, un settimanale illustrato di grande successo, trascorre una vita mondana sempre attorniato da numerosi amici, colleghi e amanti occasionali, da lui chiamati i suoi lapins. Da sette anni è sposato con Jacqueline, una giornalista freelance specializzata in interviste, dalla quale ha avuto un figlio che vive nella loro casa di campagna ad alcuni chilometri da Parigi. Le vite frenetiche della coppia lasciano poco spazio all’intimità della famiglia, ma Alain, con il suo fare cinico e anticonformista, non ha mai messo in dubbio il profondo legame che lo unisce alla moglie, da lui soprannominata Chaton.
Una uggiosa sera di ottobre, rientrando nel suo appartamento in centro a Parigi, Alain non trova ad attenderlo come suo solito Jacqueline ma un ispettore della polizia giudiziaria. Condotto presso Quai des Orfèvres, scopre così che sua moglie è stata arrestata con l’accusa di aver ucciso la sorella minore, Adrienne, con un colpo di pistola. Interrogato dal commissario Roumage, Alain ammette di aver intrattenuto una relazione con Adrienne, ma sottolinea che questa si è interrotta circa un anno prima del delitto e non ritiene possa essere la causa scatenante dell’ira di Jacqueline contro la sorella.
Mentre la polizia indaga sul reale movente dell’omicidio e scopre che da alcuni mesi le due sorelle frequentavano lo stesso amante, un fotografo del settimanale “Toi”, Alain per la prima volta in vita sua si rende conto di essere solo e si lascia travolgere dai ricordi del passato.
La paura di rimanere soli in una prigione di consuetudini
Alain riconosce così di aver trascorso i 32 anni della sua vita nel continuo tentativo di respingere l’anonima vita borghese che i genitori avevano pensato per lui. I tre anni di servizio militare in Africa, l’idea di un settimanale illustrato, la vita mondana nelle notti di Parigi gli avevano fatto credere di essere un ribelle, di essere diverso dagli altri.
In realtà, come il padre dentista e il cognato banchiere, anche Alain è caduto nella monotonia dell’abitudine borghese e ora che Chaton non è più al suo fianco, sente crescere il vuoto dentro di sé e comprende che la paura di rimanere da solo è ormai diventata intollerabile. E se Jacqueline, rea confessa, si prepara a trascorrere anni in cella, Alain decide di provare a fuggire dalla prigione di consuetudini che per anni ha costruito intorno a sé.