
“Che fare?” di Nikolaj Gavrilovič Černyševskij è considerato il romanzo rivoluzionario dell’Ottocento russo.
Non è un caso, quindi, che Lenin abbia ripreso il titolo dell’opera per uno dei suoi più importanti testi politici, in cui delinea in modo sistematico la strategia del partito rivoluzionario del proletariato.
Nikolaj Gavrilovič Černyševskij (1828-1889)

Nato nel 1828, Černyševskij è stato uno dei leader del movimento rivoluzionario democratico che si diffuse in Russia negli anni Sessanta dell’Ottocento. Filosofo, scrittore e politico, fu uno degli intellettuali progressisti più influenti del suo tempo.
Pur non avendo mai compiuto azioni illegali, nel luglio del 1862 fu arrestato con l’accusa di sovversione e, dopo due anni di reclusione nella fortezza di Pietro e Paolo, fu condannato a sette anni di prigione e diciotto di confino.
Mentre era incarcerato a San Pietroburgo in pochi mesi, tra il 14 dicembre 1862 e il 4 aprile 1863, compose il romanzo “Che fare?”, spinto dalla necessità di concludere la scrittura prima della condanna definitiva da parte del tribunale e quindi del divieto di pubblicazione.
L’opera, sfuggita inizialmente alla censura, vide la luce sui numeri di marzo, aprile e maggio del 1863 del giornale “Sovremennik” (“Il contemporaneo”). Le copie furono presto sequestrate, ma “Che fare’” continuò a circolare clandestinamente fino al 1905, quando fu per la prima volta pubblicato integralmente.
Che fare? e gli uomini nuovi
“Che fare?”, con il sottotitolo “Dai racconti sugli uomini nuovi”, nasce come risposta a “Padri e figli” di Ivan Turgenev. Se quest’ultimo dipingeva i giovani nichilisti come distruttori privi di una visione costruttiva, Černyševskij offriva un’alternativa.
Per lui, gli «uomini nuovi» rappresentavano una generazione desiderosa di costruire un mondo nuovo, basato su nuove forme di convivenza e su un’etica del lavoro che non prevedeva lo sfruttamento della natura e degli esseri umani.
I protagonisti del romanzo, Vera Pavlovna, Katja Polozova, Lopuchov, Kirsanov e Mercalov incarnano perfettamente questo nuovo ideale.
Che fare?: la trama del romanzo

Vera Pavlovna è cresciuta in una famiglia borghese con una madre oppressiva che vuole costringerla a sposare un frivolo ufficiale solo per migliorare il loro status sociale. A salvarla da questo matrimonio imposto è Dmitrij Sergeič Lopuchov, uno studente di medicina che impartisce lezioni private al fratello di Vera e discute con lei di scienza, parità tra i generi e Socialismo.
Vera e Lopuchov si sposano di nascosto e danno inizio a una convivenza che rappresenta un nuovo modello di definizione dei rapporti tra uomo e donna, basato su uguaglianza e indipendenza. Proprio per questo motivo, e per salvare altre giovani dal destino a cui lei stessa stava andando incontro, Vera fonda una sartoria che diventa la prima raffigurazione nella letteratura russa di una produzione socialista.
Mentre la sartoria prospera con alloggi condivisi e un’equa ripartizione dei profitti, Vera si rende conto di non amare più Lopuchov e di essersi innamorata del suo compagno di studi, il medico Alexander Kirsanov. Accortosi della situazione e per evitare eccessive angosce alla moglie, Lopuchov scompare inscenando il proprio suicidio, come anticipato dallo stesso Černyševskij nella prefazione del libro.
Vera si sposerà con Kirsanov e inizierà a studiare medicina, per contrastare il pregiudizio pubblico contro le donne che intraprendono questa professione. Fino a quando un certo industriale americano, Charles Beaumont, tornerà in Russia e nella città in cui è cresciuto. Il lieto fine è assicurato.
Tre motivi per leggere “Che fare?” di Nikolaj Gavrilovič Černyševskij
Perché rappresenta per la prima volta in letteratura un esempio concreto di produzione socialista che si fonda sull’istruzione, sul rispetto, sulla condivisione dei profitti tra tutti i lavoratori.
Perché offre una nuova visione dei rapporti tra uomo e donna in cui, citando il saggio di Ornella Discacciati, «la riconoscenza non deve essere scambiata per amore, la parità tra i generi non ammette la gelosia, un sentimento è anacronistico perché basato sulla concezione della donna come proprietà».
Perché Nikolaj Gavrilovič Černyševskij usa degli espedienti narrativi straordinariamente moderni e accattivanti: dalla scelta di svelare fin dalle prime pagine il colpo di scena centrale del romanzo, al suo modo ironico e diretto di esplicitare la sua «pessima opinione» del pubblico e dei lettori che si credono perspicaci.