Feltrinelli

J. Saramago, Le intermittenze della morte

Cosa succederebbe se la morte decidesse di smettere di svolgere il suo triste ma necessario compito? Come la prenderebbe l’uomo? E quali sarebbero le reali conseguenze per lo Stato, per la Chiesa e per tutte quelle attività che hanno nella morte la loro primaria fonte di reddito?

In Le intermittenze della morte (Feltrinelli, 2005) José Saramago (1922-2010), premio Nobel per la letteratura nel 1998, racconta con il suo stile inconfondibile e un’ironia tagliente la storia di un paese senza nome nel quale allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre di un anno imprecisato la morte – rigorosamente con la lettera minuscola – smette di ammazzare.

Cosa succede se la morte smette di lavorare?

“Anno nuovo, vita nuova” sembra proprio il titolo più adatto per descrivere la generale ondata di entusiasmo che travolge il paese intero: la morte è stata sconfitta e l’uomo ha finalmente ottenuto il privilegio dell’eternità.

Ben presto, però, iniziano a sorgere alcuni problemi di carattere pratico. Come farà lo Stato a gestire un sistema pensionistico che vedrà sempre più anziani da mantenere? Cosa faranno le imprese di pompe funebri se non ci saranno più morti? E gli ospedali e le case di riposo come potranno a gestire un flusso continuo entrata di nuovi pazienti moribondi che non moriranno? Come gestire le ingerenze della “maphia” pronta a sfruttare l’occasione per trarne profitto? Per non parlare poi di cosa si dovrà inventare la Chiesa che senza la morte non potrà più predicare l’attesa della resurrezione e del ritorno alla vita dopo la morte.

Proprio quando la situazione sembra completamente ingestibile, dopo sette lunghi mesi, la morte decide di farsi nuovamente viva attraverso una sgargiante lettera stampata su carta viola nella quale annuncia di aver deciso di riprendere a svolgere il suo secolare compito, con una piccola variazione. Da quel momento in avanti, gli uomini riceveranno infatti una lettera viola sette giorni prima di morire, così da avere il tempo di concludere nel modo più sereno possibile la loro vita. Le funeste missive iniziano quindi a essere consegnate in tutto il paese annunciando il lugubre destino che attende i morituri, ma anche i piani della morte non sono sempre infallibili. Infatti, la lettera indirizzata a un violoncellista ritorna per ben tre volte al mittente e la morte si trova costretta ad assumere le sembianze di un’affascinante e inquietante donna per bussare alla porta del musicista e stravolgere la sua vita.

Uno specchio distorto della nostra società

Le intermittenze della morte è un romanzo assimilabile al genere distopico in cui trova spazio una riflessione filosofica sul ruolo che la morte – e tutto ciò che è legato a essa – ricopre nella vita dell’uomo. Con la sua peculiare sintassi e una tendenza alla satira, Saramago porta all’estremo i meccanismi che governano la nostra società e mette gli uomini di fronte a un avvenimento paradossale che deve però essere affrontato con logica e raziocinio. Il romanzo diventa così uno specchio distorto della realtà in cui viviamo capace di offrire un’originale chiave di lettura del mondo che ci circonda.

Il giorno seguente non morì nessuno. Il fatto, poiché assolutamente contrario alle norme della vita, causò negli spiriti un enorme turbamento [...].

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Informazioni su Francesca Cocchi

Lettrice incallita fin da tenera età, ho trasformato i libri nella mia più grande passione. Vengo da un piccolo paesino sperduto tra i monti, amo viaggiare e sono ancora alla ricerca della mia strada. Nel frattempo, continuo a camminare facendo tappa in librerie e biblioteche per cercare libri che mi facciano compagnia.
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